Maria Azuzena nella discarica a Città del Guatemala
L’angelo della discarica

Il Guatemala è un paese conosciuto per lo più dai turisti che lo visitano per ammirare i resti archeologici di Tikal, la città-stato culla della civiltà Maya, con le sue gigantesche piramidi che svettano al di sopra di foreste impenetrabili. Il turismo è al secondo posto fra le entrate del Guatemala. Al primo campeggiano le rimesse degli emigrati: il 90% dagli Stati Uniti, il 10 dal Messico. Al terzo posto dell’economia guatemalteca c’è la produzione di caffè. Poi c’è un’altra economia, sconosciuta per lo più, che si appoggia precaria anche sulle spalle dei bambini.

Terminal sorge su un enorme quadrilatero di 1 km per lato. E’il grande mercato della capitale, il più grande dell’intero centro-America. Lontano dagli occhi dei turisti che non osano avventurarvisi, pulsa uno dei cuori economici della città. Dall’altra parte della stradina che delimita il baraccamento, c’è l’altra città: quella dell’economia formale, competitiva. Quella della città-mercato è invece un’economia di tipo sostanziale, fatta di solidarietà e sopravvivenza.
La Terminal, così chiamato perché sorge sul luogo di una vecchia stazione di autobus extraurbani, movimenta 30 milioni di queztales al giorno, l’equivalente di 4 milioni di dollari.

Il 50% di questi introiti è economia sommersa. Grazie anche, o soprattutto, al lavoro dei bambini, che riciclano rifiuti, lustrano scarpe, vendono merci e le trasportano: fianco a fianco dei familiari –quando li hanno- da soli, come spesso accade. La Terminal è anche un concentrato di emergenze sociali provocate dalla povertà: droga, microcriminalità, prostituzione anche infantile. Fra le circa 20mila famiglie che vi lavorano ci sono anche centinaia di bambini-lavoratori. Abbiamo parlato con uno di loro.

Mancano pochi minuti alle 4 del mattino quando Mario, accompagnato da un amico tassista, arriva al lavoro, stamattina come tutte le altre mattine. Ad aspettarlo c’è il lavoro nella, chiamiamola così, bottega della zia: uno spazio-stamberga fra le molte del mercato. Mario viene da un quartiere lontano, la Zona 6. Avremmo voluto filmare la sua giornata-tipo di lavoratore/bambino fin da quando esce di casa in piena notte, ma il quartiere è pericoloso, ce lo hanno sconsigliato.
Come ti chiami?
“Mario Renè Chaco”
Quanti anni hai?
“Dieci”
Da quanti anni lavori?
“Da 2 anni”
In che consiste il tuo lavoro?
“Vendo arance e mandarini”
A che ora ti alzi?
“Alle 3 di mattina”
Quando finisce il tuo lavoro?
“Alla domenica. La domenica non posso venire perché devo andare in chiesa”.
E che cosa fai dopo il lavoro?
“Vengo ad aiutare mia zia”
-E non vai a scuola?
“ … durante il giorno, ma la domenica no”
Quante ore studi?
“Quattro ore”
Non hai tempo per giocare?
“….. (fa no con la testa)
Da quanti anni studi?
“Da tre anni”
Ti piace studiare, perché?
“Perché è buono per insegnare ai bambini”
Che cosa vuoi fare da grande?
“Il dottore”
Perché?
“Così aiuterò i bambini perché non si ammalino, e magari se si ammalano gli darò le medicine”
E’ dura per te lavorare e studiare contemporaneamente?
“ …(annuisce)
-Chi è la tua famiglia?
“Mia zia”
Non hai la mamma e il papà?
“… (fa no con la testa)
Sei orfano?
“…(annuisce).

All’interno del mercato, troviamo sia la sua scuola, sia i lavoratori, sia gli scolari: che poi sono gli stessi bambini che vi lavorano, come Mario. Il risultato ha del prodigioso, date le premesse e le condizioni sociali del luogo. “Se vuoi essere qualcuno nella vita, studia!”: recita un cartello. La “scuola” è uno spazio arredato con l’essenziale all’interno del mercato stesso.
Il progetto è nato molti anni fa dall’iniziativa di un gruppo di insegnanti guatemaltechi. Si chiama PENNAT , che sta per Programma Educativo del Nino, Nina y Adolescente Trabajador : bambini e adolescenti lavoratori. Constatata la difficoltà di accesso scolastico per questi bambini e l’incongruità dei programmi, PENNAT ha ottenuto dal governo l’opportunità di sperimentare corsi alternativi mirati. Agli scolari vengono forniti gratuitamente libri, matite e quaderni. Il programma è finanziato da Save the Children con altre organizzazioni svizzere e tedesche.

“E’ un progetto preventivo mirato a impedire che i bambini affondino inevitabilmente nella droga, nelle gang, nello sfruttamento e nella prostituzione” – spiega Jajro Gonzales, direttore di PENNAT. “In tal modo, da grandi eviteranno ai propri figli attività rischiose per le loro vite”.
Secondo l’ultimo censimento ufficiale, in Guatemala i bambini-lavoratori sono circa 1 milione: vanno da 5 ai 17 anni e costituiscono più del 20% della popolazione economicamente attiva.
Nella sola capitale sono oltre 50mila, quasi tutti hanno cominciato a lavorare fra i 7 e gli 8 anni,
anche nelle miniere d’argento, nelle cave di calce, nei campi. Il 95% dei fuochi d’artificio è fatto da bambini. Nessuna novità, è la solita statistica della miseria. Che qui, nella città-mercato, è alimentata anche dalla disgregazione familiare e dall’immigrazione dalle campagne: una cappa di desolazione, ma anche raggi di speranza. I bambini del mercato rovistano nella spazzatura:
recuperano e rivendono rifiuti. 25 bottiglie di plastica valgono 3 queztales, 30 cm di dollaro. 1 quintale di teli e buste di plastica, meno di 1 Euro. Qualcuno nell’immondizia trova anche di che sfamarsi.

Fra i raccoglitori abbiamo conosciuto una bambina di 7 anni. Quando il direttore di PENNAT
scopre che non è mai andata a scuola prova a convincere sua madre: è la propria missione. Dice alla donna che non dovrà sostenere alcuna spesa, neppure per libri e quaderni. Alla fine, accompagnata dalla figlia lei accetta di recarsi a parlare con la maestra. L’insegnante è molto convincente e la bambina –si chiama Maria Azuzena- è elettrizzata: già domani comincerà una nuova vita, come quella di tanti bambini normali. Per oggi torna alla discarica.
Lavata con cura e pettinata con le trecce, una camicetta immacolata, gli occhi ridenti, l’indomani Maria Azuzena affronta il primo giorno di scuola. Non è più la bambina che ieri rovistava fra la spazzatura. Ora ha una compagna di banco, nuovi amici, una maestra paziente che le insegna. Dovrà cominciare da zero ma non importa…. questo per lei è un nuovo inizio.

Il piccolo Mario con l’autore

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