Con gli Hezbollah

L’incendio che dalla Palestina divampa sull’intera regione mediorentale coinvolge un protagonista forse sottovalutato: l’Hezbollah libanese. Il Partito di Dio, sciita, si è prontamente schierato dalla parte di Hamas dopo la reazione di Israele alla mattanza terroristica del 7 ottobre a Sderot e nei kibbutz di Kfar Azza e di Be’eri. Sottovalutato, dicevamo, forse a causa del proprio ruolo in Libano, dove Hezbollah ricopre sia una veste politica nel parlamento e nel governo, sia per un apparato militare che ne fa –a detta degli stessi israeliani – uno degli eserciti più temibili della regione. A sostegno del suo progetto di annientamento di Israele, Hezbollah vanta una imponente disponibilità missilistica grazie al supporto finanziario della Siria e soprattutto dell’Iran.
Nata nei primi anni ’80 con il nome di Resistenza Islamica in conseguenza dell’invasione israeliana del Sud del Libano, questa potente componente politico-militare è diventata tale grazie a una capacità motivazionale e organizzativa fuori dal comune. Guidata dal proprio leader carismatico Hassam Nasrallah, Hezbollah si è perfino dotata, nel tempo, di una televisione satellitare, Al Manar, che vanta un milione di spettatori nel piccolo Libano e addirittura 15 milioni di spettatori nel mondo arabo. Con lungimiranza e intelligenza, il Partito di Dio ha conquistato gran parte del popolo libanese grazie a una importante politica incentrata sui servizi sociali e sulla religione.
Gli Stati Uniti hanno bollato Hezbollah come organizzazione terroristica ma forse è una definizione riduttiva. Il mio giudizio sul Partito di Dio, che può erroneamente apparire benevolo, è fondato sull’esperienza in Libano all’indomani della guerra del 2006, quando i militari della missione UNIFIL dell’Onu erano comandati da un generale italiano. Contattai dei membri di Hezbollah allo scopo di intervistare il carismatico capo religioso del movimento, Nasrallah. L’uomo rappresentava la figura preminente dell’organizzazione ma era inavvicinabile e protetto da un velo di mistero con il quale i propri seguaci lo proteggevano dagli israeliani. Senza fornirmi risposte o spiegazioni, mi fu chiesto il numero del mio cellulare internazionale. Mi richiamarono qualche giorno dopo dandomi appuntamento in una certa zona di Beirut.
Con il collega operatore Enrico Bellano ci ritrovammo al cospetto di due giovani uomini dall’aria seria e decisa, elegantemente vestiti di nero con abiti europei, capelli cortissimi e barbe scolpite. Con fare fermo ma educato tolsero la batteria dai nostri cellulari (temendo una geolocalizzazione da parte del Mossad) e ci dissero di seguire un’auto senza fare domande. Ci immergemmo così per mezz’ora in un dedalo di vicoli, strade e viuzze della capitale fino ad arrivare a un edificio fatiscente sorvegliato da uomini armati. Salimmo qualche piano di scale fino a un piccolo appartamento spoglio dove ad attenderci, invece di Nasrallah, trovammo il deputato Hussein Haji Hassan presentatoci come capo politico del partito. Dovetti intervistarlo facendo buon viso a cattivo gioco. Oltre alle scontate affermazioni sulla fondatezza delle ragioni di Hezbollah, Hassan ci tenne sorprendentemente ad affrontare anche il cosiddetto caso D’Alema: in visita a Beirut, l’allora ministro degli Esteri italiano era stato fotografato tra le rovine dei bombardamenti israeliani sottobraccio allo stesso Hassan che gli faceva da guida. La fotografia, neanche a dirlo, aveva provocato vivaci polemiche in Italia.
Trascorse qualche altro giorno e ricevetti una nuova telefonata e un nuovo appuntamento. Erano le 10 di sera quando incontrammo altri tre uomini di Hezbollah, stessa determinazione, stessi abiti, barbe e capelli identici. Solo che stavolta le loro misure di sicurezza furono maniacali: ci portarono in giro a lungo, con cambiamenti di auto, perquisizioni e persino prove di funzionamento della telecamera per accertarsi che non contenesse ordigni esplosivi. Finalmente, ci condussero al cospetto di Nasrallah. Non a tu per tu però, ma in uno smisurato capannone fuori della città, dove ci permisero di filmare un lungo comizio del capo dei capi, contornato da altri sacerdoti sciiti inturbantati come lui. Migliaia di persone, le donne accuratamente separate dagli uomini, applaudivano e osannavano il loro leader. Dopo averci ammoniti di riprendere solamente il palco, una guardia del corpo alle nostre costole riportava bruscamente la telecamera verso l’oratore quando Enrico, d’accordo con me, provava ogni tanto a filmare quella platea sconfinata.
Quando venimmo riportati indietro, mi dissero che se e quando Nasrallah avesse deciso di farsi intervistare sarei stato contattato dandomi il tempo di salire su un aereo e raggiungerlo. Preparati, determinati, finanziati e bene armati. Ecco perché credo che Hezbollah possa assumere un ruolo molto importante nella nuova crisi israelo-palestinese.

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